Onorevoli Colleghi! - Come è noto, nel nostro Paese viene commesso un ingente numero di furti e di rapine contro il patrimonio, correttamente percepito in crescita. Infatti, complessivamente, tali reati sono in aumento negli ultimi anni, nonostante l'impegno profuso da tutte le Forze dell'ordine nell'arginare la macrocriminalità e la microcriminalità. Si tratta di un numero di delitti prossimo ai 6 milioni ogni anno.
      A questo numero elevato occorre aggiungere una indefinita percentuale di delitti che non giunge mai a essere oggetto di indagine da parte delle procure, presumibilmente per la sfiducia delle vittime nei confronti delle istituzioni preposte a contrastarli (e anche per sottrarsi ad ipotizzabili ritorsioni, specialmente in alcune zone del territorio nazionale).
      L'inefficace contrasto della criminalità, nonostante l'abnegazione delle Forze dell'ordine, produce nei cittadini, oltre che un senso di insicurezza, anche una profonda sfiducia nelle istituzioni.
      Per affrontare e risolvere l'annoso problema della sicurezza occorre dunque preliminarmente scomporne le due componenti - da una parte, l'aumento della criminalità esistente e, dall'altra, la paura di essa da parte del cittadino comune - e, quindi, agire su entrambe, proponendo delle strategie. Pertanto emergono l'importanza di formare una volontà politica tesa ad affrontare i problemi e la necessità di ricercare le soluzioni più adeguate. Inoltre, pur senza voler colpevolizzare il cittadino che subisce passivamente un reato, corre l'obbligo di sottolineare come spesso la vittima non ponga in opera nemmeno quelle misure di prevenzione che spesso hanno costi inferiori rispetto al danno subìto in caso di azione delittuosa nei suoi confronti.

 

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      Di certo, non è stata sufficiente a risolvere il problema della criminalità la pur doverosa emanazione del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 626, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 febbraio 1980, n. 23, con il quale è stato istituito il Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica ed è stato organizzato l'esercizio delle attribuzioni di coordinamento e di direzione unitaria in materia di ordine e di sicurezza pubblica.
      È perciò opportuno introdurre in Italia una normativa che permetta di contrastare più efficacemente la criminalità, attraverso una fattiva collaborazione con gli istituti di vigilanza e di investigazione privata che, come è noto, il più delle volte sono costituiti da personale proveniente dalle Forze dell'ordine.
      Tale normativa consentirà, in particolare, a tutti i cittadini di sentirsi responsabilizzati in prima persona per quanto concerne la commissione dei delitti che violano la loro sicurezza individuale, poiché darà loro l'opportunità di attivarsi con i loro mezzi al fine di scoraggiare il compimento dell'azione criminosa.
      Questa opportunità, già rinvenibile nella previsione normativa contenuta nell'articolo 2087 del codice civile (che prevede che «L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro»), può essere ulteriormente estesa, dal momento che le azioni criminose spesso coinvolgono i lavoratori dipendenti, i clienti e i titolari degli esercizi commerciali, oltre che colpire le abitazioni private. Questi sono eventi che hanno rilevanza sociale soprattutto sotto il profilo dell'ordine e della sicurezza pubblica.
      La sicurezza delle città è, infatti, un nuovo e moderno diritto di cittadinanza e si realizza attraverso un insieme complesso di attività tutte finalizzate a innalzare la qualità della vita dei cittadini. Ad essa dovrebbero concorrere, ognuno per la sua parte e in forte sinergia, il Governo nazionale, le regioni, le province, i comuni e le forze sociali. Al Governo dovrebbero, competere l'ordine pubblico e la repressione della criminalità comune e organizzata, alle regioni, alle province e ai comuni la qualificazione e lo sviluppo del rispettivo territorio.
      Il tema della sicurezza è, quindi, un nodo centrale nel governo delle città, cui le istituzioni sono chiamate a rispondere con politiche nuove. Né è possibile limitarsi alle disposizioni del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 733, e successive modificazioni, ormai obsolete e inadatte a regolamentare la sicurezza privata in un contesto sociale, economico e tecnologico totalmente differente.
      Improrogabile appare dunque l'approvazione di una nuova normativa, che consentirà, tra l'altro, di impiegare gli agenti di sicurezza in molti compiti ora di esclusiva competenza delle Forze di polizia, le quali potranno, in seguito all'alleggerimento delle proprie attuali incombenze, dedicarsi maggiormente alla lotta contro la criminalità.
      A tale fine, con la presente proposta di legge si istituisce presso il Ministero dell'interno una Commissione permanente per la prevenzione dei crimini e per la sicurezza privata. A tale Commissione dovrebbe essere, in particolare, demandato il compito di vigilare sull'attuazione della legge e di incentivare il ricorso alla vigilanza privata, anche al fine di regolarizzare una situazione di fatto già esistente nel nostro Paese, ma legalmente non riconosciuta.
      La presente proposta di legge, composta da diciotto articoli, ha, in sintesi, lo scopo di fornire un quadro normativo certo (istituendo un servizio in supporto alle Forze dell'ordine), di disciplinare tutti gli interventi in difesa della sicurezza dei cittadini nel rispetto anche degli altrui diritti e di uniformare non solo tutte le iniziative regionali già esistenti che, al momento, risultano scoordinate tra loro, ma anche di adeguare la normativa nazionale a quella dei numerosi Stati europei ed extraeuropei che, già da alcuni decenni, stanno operando in tale direzione.
 

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